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Fortunato sulle tracce di Basso. Ivan racconta…

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(Foto: Maurizio Borserini / Montaggio: IBdailyblog)
 
 
Di Filippo Lorenzon, bici.pro

 

 

 

Dopo l’intervista con Lorenzo Fortunato e quel che ci ha detto ci è venuto in mente il suo team manager Ivan Basso quando era lui ad essere un giovane corridore in rampa di lancio. La sua voglia, le sue aspettative, i metodi di lavoro… E cosa abbiamo fatto? Abbiamo chiamato il due volte vincitore del Giro!

 

 

- Ivan, Lorenzo Fortunato, ma quanto entusiasmo in quell’intervista…
 
Lui è stato fortemente voluto da me alla Eolo-Kometa. Lo ricordo quando fece lo stage alla Tinkoff. Era un predestinato, poi per diversi motivi non ha ingranato subito. Ho un rapporto con il suo manager, Luca Mazzanti, molto franco. Per dirla breve quando correvamo abbiamo anche condiviso la camera e credo che una simbiosi così tra manager e team manager sia molto meglio. Il manager sa capire quale possa essere la squadra migliore per il suo atleta e non mira solo a guadagnare di più. E c’è più dialogo fra tutti.
 
 
- Lorenzo era alla Vini Zabù…
 
E quando c’è stata l’opportunità di prenderlo lo abbiamo fatto. Prima non si poteva. Ma grazie all’ottimo rapporto con Citracca il passaggio si è potuto realizzare. Io con Zanatta e gli altri tecnici ci abbiamo lavorato. Un lavoro soprattutto di testa.
 
 
- In cosa?
 
Prima ho detto che era un predestinato non a caso. Ma uno che vince e poi si "abitua" a non vincere si trova di fronte ad un problema psicologico, almeno per quelli forti. Entri in una "pseudo-patologia" che comporta sfiducia, continui cambi di programmi, scarsa progettualità… un corto circuito che va a ripercuotersi anche sugli aspetti tecnici.
 
 
- Lorenzo che corridore è?
 
È un corridore estremamente determinato e preciso, che segue alla lettera ciò che gli viene detto. La cosa che più mi ha impressionato è stato il controllo del successo. Dopo queste vittorie è rimasto esattamente come prima.
 
 
- Quando ci parlava ci sei venuto in mente: i tuoi allenamenti, i tuoi obiettivi… Dover restare con i big in salita pensando all’anno successivo… Ci state già lavorando?
 
Quest’ultima settimana ha simulato una gara a tappe di sei giorni, come feci io con Aldo Sassi. Ha fatto sei giorni di dietro moto finendo l’ultima tappa con il Giro dell’Emilia. Direi che è determinato.
 
 
- Bello tosto…
 
Io cerco di essere fonte d’ispirazione per i miei ragazzi. Poi tutti sono diversi e non è che debbano fare per forza quello che ho fatto io.
 
 
- Come avverrà questo primo passaggio di crescita in vista del prossimo anno?
 
Terminando bene la stagione. Lorenzo ha colto dei risultati strameritati e che sono al suo livello, ma questo adesso comporta responsabilità. Da adesso in poi in corsa c’è Fortunato: gli addetti ai lavori e il pubblico se lo aspettano davanti. Se vuoi essere tra i 10-15 corridori migliori devi esserci. Io non voglio che Fortunato adesso prepari il Giro 2022. Il Giro si prepara all’Emilia, al Lombardia, presentandosi bene al ritiro, facendo i migliori tempi in salita guadagnandosi anche il rispetto dei compagni, facendo sapere ai diesse chi sei e che sei "sul pezzo". È stato lui, per esempio, che mi ha chiesto di fare quella settimana di simulazione. E questo mi è piaciuto… 
 
 
- Se dovessi paragonare il Fortunato di adesso a quale Ivan Basso lo paragoneresti?
 
Al Basso nel passaggio tra la Fassa Bortolo alla Csc (anno 2005, ndr), perché quello è stato il momento in cui ho dato i primi segnali di essere un corridore vero, di avere possibilità importanti. Alla Fassa avevo vinto il Mediterraneo, avevo preso la maglia bianca al Tour finendolo in 11ª posizione, poi feci settimo l’anno dopo (il 2003 ndr). Ed ero pronto ad un salto.
 
 
- Sul fronte tecnico in cosa deve migliorare Fortunato?
 
Deve andare forte sia a crono che in salita. Ma io ho un credo: chi va forte in salita, può andare forte anche a crono se ben messo, chiaramente riferito ai suoi competitor e non ai cronoman puri. E quindi sta già lavorando su questa specialità, ma in ogni caso deve lavorare su tutte le aree, non solo quelle tecniche. Fare il campione è diverso che fare il corridore…
 
 
- Però! Bella questa…
 
Ma lì sta anche la bravura dei tecnici che sanno fare il loro lavoro e lasciano che il corridore sia spensierato e faccia il proprio compito. Spetta a me, a Zanatta, a Yates, ad Hernandez creargli le condizioni per andare forte.  E chi lo aiuta deve sapere che stiamo parlando di un professionista.
 
 
- Beh, non sono tutti pro’? Spiegaci meglio…
 
Non devono fare né le granfondo, né le ultracycling… ma non credete che chi abbia una licenza da professionista sia poi davvero un professionista. C’è chi è svogliato, chi va in sovrappeso, chi non fa il corridore per 365 giorni l’anno. Vi faccio un esempio.
 
 
- Spara…
 
Quanti corridori ci sono che ad agosto hanno 2-3 chili in più? Tanti. Come mai il Laigueglia, che è ad inizio stagione, lo finiscono in tanti, o comunque restano in gara a lungo, e nelle gare d’estate solo in pochi vanno all’arrivo? Perché in pochi sono dei veri professionisti. C’è chi ha già staccato, chi tanto ha un contratto in tasca per l’anno successivo, chi è sovrappeso, chi ha già fatto i suoi risultati e lascia andare. Non lo nascondo, ho dei corridori che in tal senso mi hanno deluso e dai quali mi aspetto un atteggiamento diverso.
 
 
Insomma Basso sa il fatto suo. Ivan era uno stakanovista del lavoro. Se Fortunato, come sembra stia già facendo, farà sua questa mentalità potremmo contare su un italiano in più che lotta per i grandi Giri.
 
 
 
 
@IBdailyblog


13/08/2021
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