Ivan : "Giovani, apritevi al mondo"
Intervista di Ciro Sconamiglio, Gazzetta Dello Sport
Il motore che lo spinge ha un nome ben preciso : si chiama entusiasmo. "Stiamo diventando un punto di riferimento, è il segnale che il lavoro sta pagando. Il progetto ha un cuore pulsante forte e due sponsor molto appassionati". Ivan Basso ha un ruolo manageriale nella Polartec-Kometa, la squadra nata dall’esperienza della Fondazione Contador: ci pedalano 38 atleti tra settore giovanile, juniores e team Continental. Ma il re di due Giri d’Italia (2006-2010), che adesso ha 40 anni, è anche un osservatore privilegiato del movimento italiano, che «sonda» costantemente per scoprire nuovi talenti.
- Basso, partiamo dal Giro: non c’era Nibali, Aru è affondato, solo 3 italiani nei primi 20. Che giudizio dà ?
Il nostro faro resta Nibali. Se non ha imprevisti o incidenti, non assicura aritmeticamente la vittoria, ma un podio, un grande giro di altissimo livello sì. Aru sembrava fosse il dopo-Nibali, ha avuto già risultati importanti… ma finora non dà le stesse garanzie di Nibali, non ha la sua continuità. Uno del livello di Aru, con aspettative alte… deve accettare anche la critica. È intelligente, l’avrà capito. Ma la critica deve essere costruttiva, bisogna capire bene che cosa è successo.
- Passiamo all’analisi del nostro movimento giovanile. Che cosa non va ?
Poche squadre prestano attenzione alla necessità di essere internazionali. Al confronto con l’eccellenza. Per fare progressi, devi confrontarti con il meglio. In questo senso è ottimo il lavoro di Cassani e degli altri tecnici, che con la maglia azzurra portano i ragazzi al Fiandre, alla Gand-Wevelgem, alla Roubaix. In questo momento la migliore squadre dilettantistica italiana è la… Nazionale.
- In che senso ?
Prende i più bravi e non gli fa vincere tante corse in Italia, ma li porta all’estero. Significa esperienza, crescita. Il risultato non deve essere la priorità. Noi abbiamo Matteo Moschetti, tricolore Under 23 in carica. Ha vinto sette gare finora, ma è l’esempio di quello che voglio dire.
- Perché ?
È un atleta poco sfruttato, integro, ha margini di miglioramento enormi. Non mi piace vedere corridori che a 18 anni siano magrissimi se non è proprio una questione fisica, genetica. Io li voglio vedere in salute, perché così si può progredire. Serietà, impegno negli allenamenti, ovviamente senza trascurare lo studio in nessun modo. Basta con una sorta di professionismo esasperato già a quell’età. Si perde il divertimento, e poi quando arrivi nel ciclismo che conta lo paghi.
- Moschetti a chi assomiglia ?
Fatte le debite proporzioni, mi ricorda Freire. Sembra distratto, ma quando inquadra un obiettivo difficilmente sbaglia. Abbiamo anche Michele Gazzoli, campione europeo juniores lo scorso anno. Velocista, colpo di pedale eccellente sulle piccole salite… ne ho visti pochi di forti così.
- Ci diceva del confronto costante con l’eccellenza.
Inutile vincere 25 gare attorno al campanile di casa propria. Apriamoci alle altre culture, non pensiamo che solo noi abbiamo la ricetta vincente. Se competi con gli scarsi, non cresci. Noi samo stati criticati perché partecipiamo a corse di livello troppo alto… Ma non ne voglio vincere 30, preferisco meno, o poco, ma vedere crescere il gruppo.
- È importante coltivare il rapporto con un team di livello, nel vostro caso Trek-Segafredo ?
Sì. Contador ha terminato la carriera lì, io ho fatto il dirigente. Un team tra i migliori a livello internazionale. Un team attrattivo in cui un giovane sogna di arrivare. Il binomio è importante. Conta la meritocrazia. Prendiamo uno spagnolo, Juan Pedro Lopez. Finora è andato benissimo. Potrei lasciarlo tra i dilettanti e vincerebbe tanto fino a fine anno. Ma tra i dilettanti ha già fatto tutto, deve passare professionista. Se non vince più da qui a dicembre… pazienza.
- Dunque, nessuna paura del passaggio tra i grandi se ci sono le qualità ?
Nessuna paura. Noi li tuteliamo ancor di più, se giovani. Gazzoli non corre da un mese e mezzo, ha la maturità tra poco. La proprietà non ci chiede di vincere, ma di fare bene il lavoro, di fare crescere i ragazzi.
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